Tab Article
Uno dei pochi aspetti positivi della vecchiaia è forse questo: la libertà di non preoccuparsi per ciò che pensano gli altri, per quanto avrebbe dovuto essere in un certo modo e così non è stato, per tanti supposti «doveri» che hanno rivelato nel tempo la loro sostanziale superfluità o inconsistenza. Proprio all'insegna di questa conquistata libertà si dipana il racconto di "Volevo morire a vent'anni", che, grazie allo spirito dell'autrice, mai preda della malinconia per la fine di tante cose, guarda al passato, al presente e anche al futuro con gratitudine ed entusiasmo. Oltrepassata la soglia dei novant'anni, Camilla Salvago Raggi, scrittrice e ultima discendente di un'antica famiglia genovese, non tenta un bilancio (nessuno può farlo da sé), ma piuttosto evoca persone, situazioni, incontri e pensieri con uno sguardo a un tempo lucido - dunque talvolta severo - e sempre profondamente partecipe. Il libro è però soprattutto un'alta lezione di stile: stile letterario, dunque di scrittura, e stile di vita e nella vita, unica vera bussola nel marasma dell'esistenza.